L'uscita dalla prigione
I prigionieri si scambiarono occhiate perplesse, mentre l’uomo proseguiva. "Mio padrone vuole fare un gioco, e io sono qui per farvi giocare. Domani siete morti, quello là fuori—il patibolo—vi aspetta. Ma mio padrone pensa: cosa può essere peggio della morte? E allora vi dà una scelta. Se giocate e vincete, vivrete. Altrimenti, morirete comunque."
"Giocare?" chiese Lira, stringendo le manette.
"E a cosa giochiamo?" aggiunse Odrik, con il suo solito tono leggero.
L’uomo sorrise, mostrando una fila di denti bianchi e sottili. "Giochiamo a uscire," disse con calma. Poi, girandosi, prese quattro oggetti dal muro dietro di lui e li lanciò nelle celle: quattro seghe da falegname, ognuna con una chiave legata. "Queste vi servono per liberarvi. Una volta liberi, potete decidere: usate le chiavi per aprire le celle degli altri o lasciate che se la cavino da soli. In fondo al corridoio troverete quattro porte. Ognuna ha una chiave. Solo chi esce da tutte le porte può arrivare all’armeria e poi alla libertà."
Luxenia fissò la sega con disgusto. "Oh, santo cielo. Non mi taglierò parti del mio corpo. Se volete uccidermi, fatelo subito."
Odrik annuì. "Concordo. Ho una carriera da proteggere. Non posso morire dissanguato come un idiota."
"Ma è proprio questo il punto," insistette l’uomo. "Domani sarete morti comunque. Grande sacrificio è meglio di morte certa, no?"
L’atmosfera si fece tesa. Luxenia, pensierosa, sollevò una mano e pronunciò un incantesimo. Con un movimento fluido, la chiave legata alla sega volò nelle sue mani. Le manette si aprirono con un clic secco, e lei uscì dalla cella con un sorriso soddisfatto.
L’uomo scoppiò a ridere. "Questo sì che è interessante. Non c’è grande sacrificio, ma c’è ingegno. Molto bene. Vediamo cosa farete ora."
Seguendo l’esempio di Luxenia, anche gli altri si liberarono con il suo aiuto. Le celle si aprirono una dopo l’altra, e presto tutti si trovarono nel corridoio, pronti a dirigersi verso l’uscita.
"Beh," disse Odrik, rivolto agli altri, "abbiamo condiviso questo momento di disgrazia. Usciamo insieme, no?"
"Sì, grazie," rispose Luxenia, con un cenno di gratitudine.
"Figurati. Però, già che ci siamo, vi lascio i miei autografi, eh," scherzò Odrik, tornando al suo solito tono vanitoso.
Attraversarono una porta, poi un’altra, finché non raggiunsero l’armeria. Recuperarono le loro cose: armi, strumenti, effetti personali. Quando finalmente uscirono dalla prigione, la vista li colpì come uno schiaffo. Davanti a loro si ergeva il patibolo, perfettamente illuminato dalla luce delle torce. Il palco su cui avrebbero dovuto morire era già pronto, ma ora sembrava un monito della morte scampata.
"Beh, Odrik," disse Vialone con un sorriso ironico, "questo è l’unico palco dove non ti esibiresti mai, vero?"
"Già," rispose Odrik, osservando la struttura. "Ho suonato in tanti posti, ma questo... direi che è diverso. Certo, poteva essere un bel colpo per le vendite dei miei dischi, ma preferisco non rischiare."
La battuta strappò qualche risata nervosa, ma nessuno si fermò a lungo. La loro fuga era appena iniziata, e il vero pericolo li aspettava là fuori, oltre il patibolo. Diretti verso l’accampamento dei nomadi, il gruppo avanzò, consapevole che il gioco di Yaslav non era che l’inizio di qualcosa di molto più grande.
L'accampamento
La notte era ancora giovane quando il gruppo giunse all'accampamento. Le fiamme del falò danzavano nel buio, gettando ombre sui carri e sulle figure che li attorniavano. Statemir, il vecchio anfitrione, si fece avanti con il suo solito sorriso accogliente, affiancato da Yaslav, l’uomo misterioso che li aveva condotti lì. Yaslav osservò i prigionieri liberati con uno sguardo ironico.
"Ah, ce l’hanno fatta a liberasi" disse rivolgendosi a Statemir. "Bravi. Io volevo giocare, ma loro noiosi. Però, eccoli qui." Fece un inchino teatrale, poi aggiunse: "Benvenuti."
Statemir li accolse con calore. "Vi aspettavamo. Vi andrebbe un po’ di vino?"
"Sì, grazie," rispose Odrik Schettino con il suo solito entusiasmo.
"Sì, ci vuole proprio," aggiunse Luxenia, stanca ma visibilmente sollevata.
Statemir indicò il falò. "Prego, accomodatevi. C’è del vino lì vicino al panda."
Luxenia si voltò e riconobbe un volto familiare. "Martin! Eccoti!"
Il panda, seduto goffamente accanto al fuoco, alzò lo sguardo confuso. "Che diavolo dici? Hai battuto la testa? Cosa ci fai qui?"
"Non farmi iniziare," sbottò Luxenia. "Sono finita in cella senza nemmeno sapere il perché!"
Mentre parlava, il panda le corse incontro, ma nel tentativo di abbracciarla, finì per inciampare e cadere, trascinando entrambi a terra. Le risate si alzarono tra i presenti.
Odrik si avvicinò, tendendo la mano al panda. "Piacere, Odrik Schettino. È un onore conoscerti."
Il panda lo fissò, esitante. "Non sto toccando nessuno, guarda! Le mie mani sono qui," disse, sollevandole in alto per dimostrare la sua innocenza.
Odrik rimase con la mano tesa, visibilmente a disagio. "Ok, niente stretta di mano... Va bene così."
Luxenia si guardò intorno, sospettosa. "Chi di voi ha usato una magia su di me? Qualcuno mi ha scrollato la spalla poco fa."
Yaslav alzò le mani, ridacchiando. "Io non ho fatto nulla, mia cara. Sono solo un umile servitore del mio padrone."
Al, il mezzelfo mercante, intervenne con il suo tono affabile. "Io? No, io sono solo un commerciante." Mostrò il suo zainetto con un gesto teatrale. "Facciamo solo Al per stasera, ok? Grande commerciante del mercatino delle pulci."
Luxenia inarcò un sopracciglio, ma non insistette. "Va bene, Al. Comunque, piacere di conoscerti. Sono Luxenia, maga dell’Accademia di Whiteron."
Al sorrise. "Un’accademica, eh? Interessante. Ti lascio un regalino." Prese una piccola pozione dal suo zaino e gliela porse. "Questa potrebbe tornarti utile. La prima è gratis."
"Grazie," rispose Luxenia, osservando la pozione con curiosità prima di riporla nello zaino. "Vedremo a cosa serve."
Intanto, Odrik si era già seduto accanto al fuoco con un calice di vino. Lira, incuriosita dall’atmosfera, si avvicinò sperando che qualcuno le offrisse da bere. Uno degli uomini accanto al fuoco, un vistano dall’aria furba, le porse un bicchiere. "Prego, bella donna."
Odrik lo fissò con un misto di incredulità e divertimento. "Amico, questo è uno degli approcci peggiori che abbia mai visto. 'Bella donna'? Sul serio?"
Lira, imbarazzata, accettò il bicchiere. "Grazie," disse, sorseggiando con calma.
Anche Vialone si avvicinò, con il suo tipico fare baldanzoso. "Un calice anche per me," disse, lanciando un’occhiata al vistano. "E magari un complimento, visto che sembri generoso."
Il vistano, un po’ spiazzato, si limitò a ridere nervosamente. "Va bene, va bene... Prego anche a te, maschione."
Il gruppo si sistemò intorno al fuoco, sorseggiando vino e scambiando battute. Al, che non amava troppo i festeggiamenti, si rifugiò nel suo libro, cercando di rimanere in disparte. Ma Vialone lo richiamò con un’esclamazione: "Ehi, Al! Niente storie tristi stasera. Bevi con noi!"
Al alzò lo sguardo, sorrise e alzò il calice, anche se si limitò a un sorso rapido.
"Dunque," disse Stainer, attirando l’attenzione generale. "Vogliamo inziare con il racconto?"
La storia
Le fiamme del falò crepitavano vivaci, mentre Statemir alzava il calice di vino. Con un gesto teatrale, portò il bicchiere alle labbra, prese un sorso e lo sputò direttamente nel fuoco. Le fiamme, un attimo prima arancioni, si tinsero di verde, illuminando con una luce innaturale le figure accanto al fuoco. Nel centro delle fiamme apparve una sagoma oscura, un’ombra danzante che assumeva lentamente la forma di un uomo, disarcionato da un cavallo, trafitto al fianco da una lancia.
"Veniamo da una terra antica," iniziò Statemir con una voce profonda e solenne. "Un regno ormai dimenticato. I nostri nemici ci hanno cacciato dalle nostre case, e ora vaghiamo per strade sperdute. Ma una notte, un soldato ferito entrò barcollando nel nostro campo. Lo curammo, lo dissetammo. Sopravvisse."
La sagoma nel fuoco cambiò forma, diventando quella di un uomo in piedi, con una spada sguainata che respingeva un’orda di ombre.
"Scoprimmo che era un principe, braccato dai suoi nemici. Lo difendemmo, sacrificandoci per lui, come lui avrebbe fatto per noi. Quando lo riportammo alla sua terra natia, ci disse: 'Siete la mia famiglia. Da oggi, sarete sempre al sicuro qui.' Ma il nostro viaggio non è finito. Il nostro Signore vi vuole. Venite in Barovia."
Le ombre nel fuoco si dissolsero in una nube di brace e fumo. Il volto di Statemir, prima sorridente, si fece grave. "Il vostro destino è lì. Mio Signore vi attende."
"Tutti insieme, immagino," disse Al, scorrendo nervosamente le pagine del suo libretto. "Andiamo tutti a Barovia?"
La fuga
Statemir annuì. "Sì, voi sette. Prendete i cavalli. Mio Signore ha richiesto la vostra presenza."
Il gruppo si scambiò sguardi incerti. Odrik, con il suo tono beffardo, sbuffò: "Siamo appena scampati al patibolo, e ora ci lanciamo in un altro casino. Ma va bene, andiamo."
Panda alzò una vecchia scarpa che aveva rovistato nel suo borsone. "Si va!" esclamò, incamminandosi verso una direzione a caso, solo per essere fermato dagli altri.
Improvvisamente, un suono familiare spezzò la quiete della notte: un ululato distante, seguito dall'abbaiare frenetico di una muta di cani in caccia. Statemir indicò i cavalli. "Sono per voi. Prendeteli e addentratevi nel bosco. Non avete tempo da perdere."
"Una mappa, magari?" gridò Al, già in corsa verso un cavallo.
"Non ne avete bisogno. Seguite il bosco. Arriverete," rispose Statemir con calma.
Non c’era tempo per ulteriori discussioni. I cani si avvicinavano, e il gruppo si affrettò verso i cavalli. Lira era già in sella, con un’agilità sorprendente, mentre Odrik cercava goffamente di salire su un pony con l’aiuto di una scaletta improvvisata. "Andiamo, gente! Non abbiamo tutto il giorno," esclamò.
Panda Hamnon, con una mossa acrobatica e una scarpa in mano, saltò sul suo cavallo. Il cavallo si piegò sotto di lui, ma si rialzò prontamente, pronto a partire. "Di là! Seguiamo il Panda!" gridò, indicando una direzione a caso.
Caterina lo seguì, fidandosi istintivamente. "Mi fido del Panda. Andiamo!"
"Anch’io," aggiunse Lira, spronando il suo cavallo.
Il gruppo galoppò nel bosco, il suono dei cani sempre più vicino. Gli alberi si fecero fitti, i rami graffiavano il cielo come artigli, e il vento freddo della notte rendeva ogni respiro difficile. Dopo un’ora di corsa, i cavalli cominciarono a rallentare, esausti. I latrati si fecero sempre più deboli, fino a scomparire del tutto.
Il gruppo si fermò accanto a un ruscello. L’acqua cristallina scorreva dolcemente, un contrasto rassicurante dopo la fuga frenetica. "Non possiamo continuare," disse Odrik Schettino, scendendo dal cavallo. "Devono riposare."
Gli altri annuirono, scendendo uno dopo l’altro. Il bosco era silenzioso, immerso in una calma surreale. Erano al sicuro per ora, ma l’invito a Barovia e il destino che li attendeva erano solo all’inizio.
L'accampamento
La notte era scesa ormai da tempo, e il gruppo si era finalmente fermato nel cuore del bosco. Il ruscello scorreva placido accanto a loro, e i cavalli, spossati dalla lunga corsa, riposavano ansimando piano. Luxenia fu la prima a rompere il silenzio, stiracchiandosi mentre osservava il cielo stellato sopra di loro.
"Ci possiamo accampare, immagino," disse, gettando un’occhiata al gruppo.
"Costruiamo un accampamento," concordò Panda Hamnon, con un sorriso.
Le mani si misero all’opera. Il fuocherello venne acceso con il legno raccolto e un vecchio remo di barca trovato per caso. Luxenia, con un gesto di magia, assicurò che la fiamma fosse ben controllata. Nel mentre, Panda tirò fuori dalla sua borsa una scarpa rotta e la porse a Luxenia.
"Possiamo usarla come fioriera fuori dalla tenda," suggerì con fare scherzoso.
"Beh, un tocco di estetica ci vuole sempre," replicò Luxenia ridendo.
Il profumo di fagiano arrosto riempì l’aria mentre Panda scaldava un pezzo di carne rimasto dalla fuga. Lira, seduta poco distante, osservava il cibo con occhi famelici. Panda la notò e, anziché offrirle subito il cosciotto, le porse il suo quaderno.
"Disegna il cielo con me," le chiese.
Lira esitò, poi accettò, tracciando linee incerte che, però, avevano un che di etereo. Quando gli restituì il quaderno, Panda osservò il disegno e annuì.
"Lira, mi sa che vieni da molto lontano. Io conosco tutte le costellazioni, e questa non esiste… Devi mangiare, forse stai per svenire dalla fame!"
Lira ridacchiò e accettò il cosciotto, divorandolo in pochi bocconi.
Intorno al fuoco, l’atmosfera si fece rilassata. Luxenia, avvolta nel suo vestito-asciugamano, riemerse dal ruscello e si sedette accanto a Panda. "Vedo che hai qualcosa da mangiare. Hai per caso un pezzettino anche per me?"
"L’ultimo boccone è per te," rispose Panda con un cenno di rispetto.
Nel mentre, Vialone si aggiunse con un sorrisetto compiaciuto. "E io, povero nobile errante, avrò diritto a un po’ di ristoro?"
Luxenia sorrise. "Sei un nobile? Interessante. Con chi ho il piacere di parlare?"
"Vialone Duro Calice, per servirvi! La mia casata è famosa per i festeggiamenti senza eguali. Se non hai mai sentito parlare di noi, Luxenia, allora temo che tu abbia vissuto nell'ombra," esclamò con aria teatrale.
"Ah, sì… grandi feste, me ne hanno parlato," disse Luxenia, nascondendo un sorriso dietro il calice di vino.
Nel mezzo di questi scambi conviviali, accadde qualcosa di inaspettato. Una farfalla di fuoco emerse dalle fiamme, svolazzò attorno al gruppo con movimenti ipnotici e poi si dissolse nel falò. Un lungo silenzio seguì.
"L’avete vista anche voi, vero?" sussurrò Luxenia.
Panda si batté il petto. "Non sarà stato il fagiano avvelenato?"
Lira lo fissò con occhi spalancati. "…Aveva la saliva?"
"Freschissimo!" rispose Panda con un sorriso sornione.
Ma l’attenzione era ormai altrove. Qualcosa nel bosco era cambiato. Il gruppo si addormentò sotto il cielo stellato, ma al risveglio… il paesaggio attorno a loro non era più lo stesso.
La foresta era diversa. Gli alberi, il colore delle foglie, l’odore della terra… tutto sembrava più cupo, più antico, come se appartenesse a un’altra epoca. Luxenia si massaggiò le tempie, cercando di ricordare qualcosa.
"La nebbia… sì, ho sentito parlare di un luogo simile nelle leggende. Un purgatorio… una terra in cui la nebbia porta chiunque altrove, in un altro mondo."
"Silent Hill?" sussurrò Panda con ironia.
"No, peggio," rispose Luxenia.
Mentre discutevano, un suono attirò la loro attenzione.
CROAK. CROAK.
I corvi.
Silenziosi, immobili, appollaiati sui rami più alti. Occhi neri, che scrutavano il gruppo come se fossero giudici di un tribunale ultraterreno.
Jack Pot si stropicciò gli occhi, scocciato. "Basta misteri! Maledetti corvi!" afferrò un sasso e lo lanciò verso i rami.
Il sasso colpì un ramo, e all’istante i corvi si alzarono in volo, formando un turbine nero sopra le loro teste. Il loro gracchiare si trasformò in un coro spettrale, come se avessero annunciato un oscuro presagio.
Un brivido percorse la schiena di tutti.