La piazza del villaggio
Nella piazza del villaggio, immersa nella luce dorata del mattino, una bellissima donna si avvicina agli avventurieri. Con un sorriso gentile, tiene stretto tra le braccia un mazzo di fiori freschi e indossa una tunica bianca che riflette la purezza del suo animo. Salutandoli con grazia, la donna trasmette una calma rasserenante che sembra avvolgere l'intera piazza.
Il villaggio appare quieto, un rifugio di tranquillità tra le tumultuose avventure degli eroi. Tuttavia, c'è un'aria di mistero, poiché molte delle abitazioni sono deserte, come se i loro abitanti fossero svaniti nel nulla. Le strade, sebbene pulite e ordinate, sono silenziose, e solo il vento sussurra tra i rami degli alberi.
Dopo aver trascorso del tempo nella locanda, dove le risate e il calore del fuoco erano di conforto, Martin decide di tornare nella piazza. Ma ciò che trova lo lascia senza parole: a terra, tra la polvere, giace una tunica bianca, macchiata di sangue, e accanto a essa i fiori che prima erano tra le mani della donna. La tunica, nonostante tutto, sembra stranamente nuova ai suoi occhi, come se non l'avesse mai vista prima d'ora.
Scosso dalla scoperta, Martin chiama a raccolta gli altri avventurieri. Mostra loro la tunica insanguinata e i fiori, mentre un canto distante, quasi un lamento, inizia a risuonare tra le vie deserte della città. Il suono è melanconico, un richiamo che sembra provenire dalle profondità del tempo stesso.
Gli avventurieri si radunano attorno a Martin, osservando la tunica con espressioni di perplessità. Non riescono a ricordare come sia finita nelle loro mani. La confusione si mescola alla preoccupazione, mentre il canto continua a echeggiare, insinuandosi nei loro cuori con un senso di inesorabile presagio.
Il bambino e l'idra
Glypen stava camminando per il villaggio, il suo sguardo attento a ogni dettaglio, quando un ragazzino lo fermò, tirandolo per la manica. Il bambino, con gli occhi spalancati per l'ansia, gli porse un foglio stropicciato. Glypen lo prese con curiosità e lo srotolò, rivelando un disegno intricato: una creatura mostruosa con molte teste, una sorta di idra terrificante. Di fronte alla bestia, un altro bambino era raffigurato con le orecchie tappate, come se cercasse di proteggersi da qualcosa di terribile.
Capendo l'importanza del messaggio, Glypen corse dagli altri avventurieri, mostrando loro il disegno. Dopo un rapido scambio di sguardi, la necessità di coprirsi le orecchie diventò chiara a tutti. C'era qualcosa di letale nel canto o nel suono emesso da quella creatura.
Luxenia, con un sorriso trionfante, ricordò di avere nella sua borsa un paio di tappi per le orecchie che aveva comprato da un mercante, molte sessioni fa, quasi dimenticandosene. "Ecco qui!" disse, tirandoli fuori con una certa teatralità. Senza perdere tempo, se li mise con attenzione.
Non appena i tappi coprirono le sue orecchie, la realtà cambiò davanti ai suoi occhi. Là, proprio nel mezzo della piazza, si ergeva una bestia immensa e bianca, l'idra del disegno. Era sempre stata lì, nascosta alla vista e all'udito dei presenti, ma ora, con i tappi, Luxenia poteva vederla chiaramente. Il mostro, con le sue molte teste, guardava il gruppo con occhi fiammeggianti, pronto a scatenare la sua furia su chiunque non fosse preparato.
"È qui!" gridò Luxenia, indicando la creatura. Gli avventurieri, seguendo il suo esempio, iniziarono a coprirsi le orecchie, preparandosi alla battaglia contro l'idra invisibile ai sensi ordinari. La tensione aumentava, ma la determinazione nei loro cuori ardeva più forte che mai.
Dopo una battaglia epica e intensa, la terribile creatura fu finalmente sconfitta. Le urla di vittoria riecheggiavano nella piazza del villaggio, ora teatro di una gioiosa celebrazione. Gli abitanti del villaggio, grati e sollevati, organizzarono una festa in onore dei valorosi avventurieri che avevano salvato la loro casa. Musica, risate e il profumo di cibo delizioso riempivano l'aria, creando un'atmosfera di felicità condivisa.
I nostri eroi, stanchi ma soddisfatti, trovarono rifugio nella locanda. Tra chiacchiere amichevoli e bevute rigeneranti, si riposarono in letti accoglienti. Il mattino seguente, con il sole che si alzava all'orizzonte, ripresero il loro cammino, pronti per nuove avventure.
La capanna nel bosco
La giornata trascorse tranquilla mentre attraversavano un bosco rigoglioso. Il cinguettio degli uccelli e il fruscio delle foglie li accompagnavano nel loro viaggio. Verso il crepuscolo, ormai affaticati, scorsero una piccola capanna fatta di tronchi e arbusti. Avvicinandosi, notarono del fumo che usciva dal comignolo e, con la speranza di trovare un rifugio per la notte, bussarono alla porta.
Ad aprire fu Mirathal, un eremita dal volto segnato dal tempo e dagli anni passati in solitudine. Un tempo avventuriero, aveva deciso di ritirarsi a vita privata dopo una serie di fallimenti che lo avevano profondamente segnato. Gli avventurieri, accettando la sua ospitalità, si sedettero accanto al fuoco a parlare.
Fu così che scoprirono, dalle parole di Mirathal, l'esistenza di un luogo sacro non lontano, dove si diceva fosse custodito un oggetto di grande potere magico. L'idea di una nuova avventura riaccese la scintilla nei cuori degli eroi. Dopo una notte di riposo, decisero di seguire la mappa che Mirathal aveva disegnato per loro, avventurandosi nella direzione indicata.
L'albero
Arrivarono così davanti a un imponente albero, i cui tronco era inciso con i simboli delle quattro stagioni. La cosa più straordinaria era il continuo mutare dei colori delle foglie, un ciclo senza fine di cambiamento e bellezza. Edith, con la sua astuzia e intuizione, risolse l'enigma dell'albero senza sforzo. All'improvviso, i rovi dietro l'albero si diradarono, rivelando un sentiero che fino a un attimo prima non esisteva.
Glypen e il X senza nome, non del tutto convinti della soluzione di Edith, decisero di toccare anch'essi il tronco dell'albero. Questo gesto incauto scatenò una violenta grandinata che si abbatté sul gruppo, provocando la comprensibile ira di Edith. Sotto la pioggia di ghiaccio, gli avventurieri si ripararono come potevano, pronti a proseguire il loro cammino verso nuove sfide e scoperte, uniti più che mai nel loro viaggio.