Il patto con il demonio
Barbatos stringe tra le mani la pergamena, osservandone le scritte arcane con uno sguardo torvo e affascinato. La locanda, con le sue pareti soffocanti e il brusio degli altri avventurieri, non è il luogo adatto per l’oscuro rituale che ha in mente. Con passo deciso, lascia la calda luce della locanda alle spalle e si addentra nelle stradine scure fino a una casa abbandonata alla periferia del villaggio. Le finestre rotte e i muri sgretolati sembrano accoglierlo con un sussurro di desolazione, e Barbatos, senza timore, varca la soglia.
Nell’oscurità della casa, tira fuori la pergamena e, trattenendo il respiro, si ferisce un dito, lasciando che il sangue sgorghi rosso e vivo. Una goccia scivola e macchia la pergamena, e subito avverte una vertigine violenta, come se la stanza intera si stesse dissolvendo attorno a lui. Prima ancora di poter reagire, si trova avvolto da una luce cremisi e, in un attimo, trasportato in un altro mondo.
Il paesaggio infernale si dispiega davanti a lui, tetro e inquietante, avvolto in una foschia sanguigna e illuminato da fiamme verdastre che ardono senza mai consumarsi. Dall’ombra si fa strada una figura sinuosa: un demone dalle sembianze di una volpe, con nove code che fluttuano sinuose come lingue di fumo. Gli occhi della creatura brillano di un’intelligenza antica e di una malizia gelida. Con voce suadente, la volpe demoniaca si rivolge a Barbatos, il tono caldo come il fuoco e tagliente come la lama.
“Goliath, se vuoi, posso rispondere alla tua chiamata ogni volta che ne avrai bisogno," sussurra il demone. "Ma ogni invocazione avrà un prezzo... una parte del tuo corpo, il tributo necessario per questo patto.”
Barbatos, senza esitare, annuisce. La promessa di una forza soprannaturale è troppo allettante, e i suoi occhi brillano di brama. Con un gesto deciso, accetta l’accordo, e il demone gli si avvicina, sfiorandolo con le sue code eteree mentre il patto viene suggellato.
In un battito di ciglia, Barbatos si ritrova nuovamente nella casa abbandonata. L’aria è stagnante e umida, ma adesso sente addosso un potere oscuro, pronto a rispondere alla sua chiamata... al prezzo di qualcosa di più di un semplice sacrificio.
Tutti al mercato
Edith si avvia verso il cuore nascosto della città, dove i vicoli si intrecciano in labirinti oscuri e solo i più audaci osano inoltrarsi. Lì, tra bancarelle traboccanti di oggetti proibiti e preziosi, si trova il mercato nero, dove tutto ha un prezzo, anche l’anima. Edith si dirige deciso verso una delle bancarelle più appartate, dove un mercante dall’aria sinistra gli mostra un oggetto che sembra pulsare di potere: una pietra antica, avvolta da un’aura scura e inquietante.
Senza indugio, Edith concorda sul prezzo esorbitante che il mercante gli chiede, sapendo bene che ciò che rischia di perdere è l’anima stessa. Tuttavia, nel momento in cui cerca di prendere la pietra, questa rimane inerte, priva di qualsiasi reazione. Il mercante fissa l'oggetto con uno sguardo acuto e subito capisce: Edith sta cercando di ingannarlo. Con un movimento rapido, estrae un coltello e lo punta alla gola del warlock, avvicinandosi pericolosamente.
Edith sente il freddo del metallo e capisce di essere in trappola, senza alcuna via di fuga. La tensione cresce, e, in preda al panico, invoca mentalmente il suo patrono, sperando in un intervento divino. La risposta arriva, ma non è quella che si aspettava. Una sola parola, fredda e decisa, risuona nella sua mente: “Proteggiti.”
In un attimo, Edith mette in atto il consiglio del patrono, e con un rapido incantesimo si rifugia all’interno del proprio anello magico, sfuggendo all’imminente pericolo. Nel momento esatto in cui il warlock scompare, una furiosa folata di vento esplode dal nulla, distruggendo le bancarelle del mercato in un fragore assordante. Gli oggetti e le merci vengono scagliati lontano, le persone colpite e sbattute a terra come bambole di pezza. Il mercato intero si trasforma in una scena di caos e distruzione, con il fumo che si alza denso verso il cielo.
Nel frattempo, Glypen e Barbatos, allarmati dal boato e dalla colonna di fumo che si solleva in lontananza, decidono di dirigersi sul posto per capire cosa sia accaduto. Quando arrivano tra le macerie, Glypen, in cerca di compiacere il suo dio, si lascia guidare dal desiderio di "aiutare" chi è rimasto ferito. Frugando tra i resti del mercato, trova Fejka, una figura nota e ora in fin di vita, distesa a terra e respirante a stento.
Glypen si avvicina e, osservando l'agonia di Fejka, capisce che la sua sofferenza sta per terminare. Con un movimento calmo e risoluto, sfodera il coltello e, con un colpo netto, le porge una fine rapida e silenziosa, offrendo così un tributo al suo dio e mettendo termine a una vita ormai spezzata.
Fejka e Glypen
Dopo aver dato il colpo finale alla fatina, Glypen si guarda attorno con occhi freddi e calcolatori. Con un gesto rapido e silenzioso, lancia il coltello nella folla che si muove confusa e caotica, facendo scomparire l’arma tra la gente come fosse solo un oggetto qualunque. I suoi occhi, però, tradiscono un istante di colpa, un’ombra che scorre rapida sul suo volto.
A pochi passi di distanza, Luxenia cammina tra la folla, ancora scossa dalle esplosioni e dal caos al mercato. Quando lo sguardo si posa su Glypen, inginocchiato e sconvolto, il suo cuore si stringe. Con passo incerto ma deciso, gli si avvicina e poggia una mano gentile sulla sua spalla, pronta a consolarlo per la morte di Fejka, ignara della verità.
Mentre i due rimangono in silenzio, Luxenia nota tra i ciottoli della strada qualcosa di luccicante: il coltello di Glypen, ancora intriso di sottili tracce di sangue. Con un rapido movimento, lo raccoglie e lo infila tra le pieghe della sua veste, senza dire nulla. Il pensiero le si fissa nella mente: più tardi, lo esaminerà lontano da occhi indiscreti.
Intanto, i compagni si riuniscono, tutti segnati dai colpi della potente folata di vento che aveva devastato il mercato. Sono stanchi, con i vestiti strappati e i volti rigati di polvere, ma nessuno pensa a fermarsi. La morte di Fejka, per quanto tragica e improvvisa, merita un addio dignitoso.
Così, con movimenti lenti e solenni, la compagnia si prepara a darle un funerale. Raccolgono frammenti di legno e qualche candela, sistemando tutto con cura nel cortile deserto, mentre l’aria si fa più fredda e il cielo si tinge di sfumature grigie e rosse. Accendono le candele, e ognuno si prende un momento per salutare la loro compagna caduta, mentre le fiamme tremolano, riflettendo sui loro occhi malinconici. È un addio silenzioso, carico di rispetto e rimpianto, mentre il vento soffia tra le candele come se persino l’aria stessa volesse unirsi al loro dolore.
L'arrivo al castello
La mattina successiva, la compagnia si raduna nella piazza polverosa, i volti ancora segnati dalla tensione della notte precedente. Decidono di dirigersi verso il castello, la loro prossima meta, il luogo dove sperano di trovare finalmente risposte. Camminano in silenzio lungo un sentiero serpeggiante e, quando le alte mura del castello appaiono in lontananza, la visione che li accoglie è cupa e minacciosa.
Il castello, un tempo forse maestoso, ora mostra tutti i segni del tempo: torri mezze crollate, mura scure e incrinate e rampicanti che serpeggiano sulle pietre come spire di serpenti. Un’aria stagnante e fredda circonda l’edificio, e l’ombra del castello sembra quasi inghiottire la compagnia man mano che si avvicina.
All’ingresso, ad attenderli, c’è un bambino: lo stesso che avevano incontrato in diverse occasioni lungo il loro cammino, il cui aspetto innocente nascondeva sempre qualcosa di misterioso. Questa volta, però, il bambino abbandona ogni pretesa. Un lieve sorriso si dipinge sulle sue labbra mentre i suoi occhi, diversi l’uno dall’altro, rivelano una profondità antica e insondabile. Con voce calma, si presenta: "Il mio nome è Mare Bello Fiore," annuncia, rivelandosi per ciò che è davvero – un elfo dall’aspetto giovanile, con tratti che mescolano innocenza e saggezza, come se portasse su di sé il peso di secoli.
"Benvenuti," dice con un cenno leggero, e appena la compagnia varca l’ingresso, un muro di piante s’innalza silenzioso alle loro spalle, formando una barriera invalicabile di radici e rovi che rende impossibile la fuga. Non c’è più modo di tornare indietro.
All’interno, l’atmosfera è ancora più opprimente. Le pareti sono decorate con arazzi sbiaditi e un alone di mistero si estende in ogni angolo. Mentre gli avventurieri osservano lo spazio con circospezione, il suono leggero di passi attira la loro attenzione. Dalla scalinata principale, con movimenti eleganti e fluttuanti, scende una donna di straordinaria bellezza. La sua pelle è candida come alabastro, e i suoi lineamenti sono delicati, quasi irreali. I capelli, scuri e lucenti, incorniciano il viso con grazia innata.
"Benvenuti nel castello," dice con voce morbida, quasi ipnotica, i suoi occhi che scrutano ogni membro del gruppo con un’intensità gelida. "Io sono Meredith Vorzhul, sorella di colui che vi ha assunti."
La compagnia si guarda l’un l’altro con espressioni di sorpresa e inquietudine. Di fronte a loro, Meredith li osserva con un sorriso enigmatico, e l’aria si carica di un senso di attesa, come se ogni loro mossa fosse già stata prevista da un disegno più grande.